I pescatori di Praia a Mare. Intervista a mia madre, di Elisa Lumini

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Questa immagine ritrae otto uomini, otto pescatori calabresi del paese di Praia a Mare. Tra questi pescatori c’è mio nonno, Fortunato Pace, in costume da bagno, postura eretta e braccia appoggiate ai fianchi (è il secondo da sinistra tra quelli in piedi sulla barca).

Praia a Mare è un paese in provincia di Cosenza, nato come sbocco sul mare per la località di montagna Aieta, un paese dunque dedito alla pesca, abitato da pescatori. Mio nonno è stato soprattutto un fabbro, un mestiere che ha imparato da suo padre, Rosario Pace, ma per lunghi periodi si è dedicato alla pesca. Lavorando in mare ha conosciuto il suo futuro suocero, Biagio Laprovitera, il capo dei pescatori di Praia a Mare, colui che aveva il compito di gestire le operazioni di pesca in tutte le loro fasi.

 

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Il matrimonio tra mio nonno Fortunato e mia nonna Iolanda nel 1936, sullo sfondo il lungomare di Praia a Mare

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Purtroppo non sono riuscita a ritrovare un’immagine del mio bisnonno Biagio, ma la memoria di mia madre, Luigina Pace, conserva un ricordo molto nitido del suo caro nonno materno e del lavoro di pescatore. Per questo motivo ho deciso di sottoporla ad una breve intervista che ho qui riportato:

D: Quindi sia tuo padre che tuo nonno materno facevano i pescatori?

R: Si, a Praia all’epoca erano tutti pescatori, era un paese che viveva solo di quello e poco altro, un paese povero. All’epoca non esisteva il turismo di massa o cose simili, la pesca era il principale mezzo di sostentamento del paese.

D: quali sono i tuoi ricordi legati a questo mestiere?

R: Quando penso ai pescatori penso soprattutto a mio nonno Biagio, era un uomo buono e faceva un lavoro faticoso. Lui era il capo dei pescatori, o per meglio dire, era l’uomo che guidava tutti gli altri durante un’operazione di pesca. Era una persona in gamba e intraprendente. Pensa che prima che nascessi io era stato fuori dall’Italia, era emigrato in America, a New York, per un lungo periodo. Una volta tornato, con i soldi guadagnati e messi da parte, ha costruito la casa in cui poi siamo andati a vivere e ha comprato parecchie barche.

D: Quindi quando sei nata già faceva il pescatore?

R: Si, mi ricordo che partiva di notte e tornava la mattina ormai a giorno inoltrato. Ero così curiosa del suo lavoro e facevo così tante domande che una volta mi ha permesso di andare con lui e gli altri pescatori durante una battuta di pesca.

D: Davvero? Sei riuscita ad andare? E quanti anni avevi?

R: Avrò avuto nove o dieci anni. Pensa che sono l’unica tra i suoi nipoti ad essere stata portata in barca a pescare…evidentemente ero stata parecchio insistente e per non sentire più le mie lamentele ha deciso di portarmi con sé.

 

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Mia madre con sua sorella Marisa nel giorno della Prima Comunione a Praia a Mare

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D: E cosa ti ricordi di quella notte?

R: Non mi ricordo molto di quando siamo usciti di casa e saliti sulle barche. Mi ricordo delle luci forti, accecanti, utilizzate dagli uomini per attirare i pesci. Le chiamavano le “lampare”, venivano caricate sulle barche e accese una volta che ci si trovava a largo. Chissà come funzionavano…probabilmente a petrolio.

D: E poi? Non ricordi altro?

R: Mi ricordo che si andava a largo con tutte le barche e, una volta arrivati a una certa distanza dalla riva, i pescatori formavano un cerchio. Dovevano potersi guardare tutti l’uno con l’altro, si lavorava tutti insieme. Poi si buttavano le reti in mare, sempre tutti insieme, per questo motivo mio nonno gestiva l’operazione di pesca. Al suo segno tutte le reti dovevano essere gettate in mare. Ovviamente si trattava di gesti  manuali, non si poteva parlare, né tantomeno urlare, per non far scappare i pesci. Infatti ho un ricordo proprio nitido del fatto che, una volta gettate le reti, c’era l’assoluto divieto di parlare.

D: Cosa avete fatto dopo aver buttato le reti nel mare?

R: Non ricordo tanto, avevo dieci anni. Mi ricordo che siamo stati lì tutta la notte, quindi probabilmente abbiamo solo aspettato in silenzio alla luce della lampare. Mi ricordo che ogni tanto i pescatori sollevavano leggermente le reti per sentirne il peso, quando questo faceva presupporre che fossero riusciti a prendere qualche pesce, allora issavano le reti e le rivoltavano all’interno della barca, sempre dietro indicazioni di mio nonno.

D: Quando siete tornati dalla pesca? Si era fatta l’alba?

R: Si, anzi era mattino inoltrato.

D: E una volta tornati sulla spiaggia che facevano i pescatori? Tornavano a casa o andavano a vendere il pesce?

R: Ho questo ricordo dei pescatori che arrivavano alla riva e buttavano le reti sulla spiaggia. Quando le aprivano mi ricordo che i pesci erano ancora vivi e che saltavano. Allora venivano le donne dal paese per comprargli il pesce per poi metterlo in delle ceste e andare in giro per il paese a venderlo, casa per casa. Ovviamente i pescatori tenevano una parte di pescato per sé e per la loro famiglia. Forse qualcuno aveva qualche banco per strada, ma all’epoca non esisteva neanche il mercato a Praia a Mare. Mi ricordo di queste donne, anche anziane, che si caricavano queste ceste sulla testa e se le portavano appresso per tutto il paese. Tutto un altro mondo, sembra lontanissimo, quasi come un sogno o una favola.

D: Quindi sei stata fortunata, l’unica tra i nipoti che è riuscita ad andare a pesca con il nonno.

R: Si, mi sono sentita privilegiata e me ne sono vantata a lungo. Ecco un altro ricordo che ho di mio nonno Biagio. Lui che sta seduto in riva al mare a rammendare la sua rete da pesca.

D: E come la rammendava?

R: Aveva una ago lunghissimo e poi usava un filo spesso, forse di nylon. Le reti non venivano rammendate dalle donne, ma dagli stessi pescatori, che dovevano provvedere anche alla manutenzione delle loro barche.

D: Ne avevano più di una?

R: Si, era quella la ricchezza di un pescatore, il numero delle barche che possedeva. Quando si andava a pescare si portavano tutte le barche appresso. Più barche avevi e più pesci prendevi.

D: Più barche? E chi le guidava?

R: Una il proprietario e le altre i suoi dipendenti, i pescatori più poveri che non avevano una barca di loro proprietà. Mi ricordo che una volta, me l’hanno raccontato, una tromba d’aria ha distrutto ben sette barche a un nostro lontano parente, praticamente tutto quello che aveva.

D: Insomma ti è rimasto un bel ricordo di quella notte.

R: Bellissimo, ho sempre visto la pesca come un mestiere magico, da sogno. In realtà chissà quanta fatica facevano quegli uomini al freddo e all’umidità, ad aspettare tutta la notte, in silenzio, qualcosa da portare a casa.

 

Qui finisce la mia breve intervista a mia madre che ringrazio per il contributo. Per arricchire questo racconto di immagini della vecchia Praia a Mare segnalo questo filmato realizzato da un’abitante del paese.

 

Inoltre l’Amministrazione Comunale, in collaborazione con il Museo Civico di Praia a Mare ha organizzato nell’ottobre del 2014 due serate dal titolo “Memorie da ricordare”. Un’iniziativa che ha messo in mostra foto e immagini del tempo, divise per argomento tematico e riproposte brevemente dal seguente filmato.

 

 

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